La Storia è per Lia Levi il filo conduttore di molti suoi romanzi: narrazioni delicate, pagine di bambini protagonisti che vivono la loro quotidianità, la loro normalità attraversata da giochi e sogni, amicizie e scuola, segreti e bugie in un periodo storico, gli anni della seconda guerra mondiale segnati da vicende dai toni drammatici – ma mai dai toni didascalici – nel quale loro stessi diventano i diretti testimoni. Anche “Maddalena resta a casa” – editato la prima volta nel 2000 da Mondadori e dal mese di settembre di quest’anno da Piemme – è ambientato negli anni precedenti la guerra, nella Roma di Mussolini.
Una bambina, un padre antifascista, un amico del cuore, i nonni materni inglesi, una portinaia ed altri personaggi che partecipano alla costruzione di una storia di coraggio, tensioni, amicizia, lealtà.
Ma l’anima, la regia, la particolarità di questa storia è fin dall’incipit la voce narrante: essa prende vita da subito presentandosi: “Siamo nate, io e le mie sorelle, in un giorno di gennaio del millenovecentotrentasei”…“Ho sì un nome, e precisamente Albarosa, ma non sono una persona. Allora chi sono? Semplicemente una casa…”.
E questo “semplicemente una casa” detto con tono altrettanto semplice arriva a toccare ogni pagina del libro rivelandone l’intensità. Albarosa ha un cuore, sente, osserva tutto ciò che avviene al suo interno, ha un proprio io, esprime sentimenti, giudizi. Albarosa, esclusa e diversa dalle altre sorelle – che per solitudine trasgredisce alle regole – attende ansiosa l’arrivo dei “compagni di vita” coloro che l’avrebbero abitata, colei che avrebbe amato e protetto come una figlia. Nello scorrere della storia, la “presenza” della casa sarà per Maddalena e gli altri “pura assenza”. Si sa, le vie di comunicazione delle case non sono uguali a quelle degli esseri umani ma questo non è mai stato d’ostacolo ad Albarosa, personalità sensibile e grande forza d’animo. Ascoltare è un grande dono.
- Levi, Lia (Autore)