L’avevo guardata distrattamente la cartina all’inizio del libro, ma arrivata a metà, ci sono tornata sopra, perché a un certo punto quei nomi di città e quella che al principio è solo una linea scura su una cartina, diventa la storia (vera) di un ragazzo.
Se ne è parlato tanto di questo libro e sia Enaiatollah Akbari che nel libro appunto racconta la sua storia, sia Fabio Geda che l’ha scritta, sono stati intervistati molte volte, eppure l’incredulità, lo stupore, il terrore che suscita sono destinati a rimanere a lungo, per farci pensare, riflettere o semplicemente per lasciarci così, senza parole.
Enaiatollah ha dieci anni quando sua madre lo porta dall’Afghanistan in Pakistan e lì lo abbandona, e non per un gesto di egoismo o crudeltà, al contrario per salvarlo da morte certa. Comincia così il lungo viaggio di Enaiatollah che si concluderà infine in Italia, a Torino, dove deciderà di fermarsi a vivere.
Dal momento che sua madre lo lascia, comincia per Enaiatollah una vita senza certezze, senza punti di riferimento, nemmeno quello del tempo che passa. Solo la speranza lo spinge ad andare avanti. Quando racconta di sé, Enaiatollah non usa il verbo crescere, ma invecchiare e quando si riferisce al tempo delle cose, c’è sempre un “forse”, un “più o meno”, senza scansioni temporali precise, come se esistessero solo spazi da cui andare e venire, posti da cui fuggire e dove non fare più ritorno, luoghi da attraversare, superare, passandoci dentro, portando su di sé la sabbia, la polvere, la neve, e la paura accompagnata ogni volta dall’incredulità di avercela fatta, di essere andato più in là, di essere quasi salvo.
Fabio Geda è bravissimo con la sua scrittura ad accogliere l’urgenza di Enaiatollah di raccontare, collocando gli avvenimenti nel tempo della memoria e ricostruendo per noi quel lungo viaggio di coraggio e speranza. E’ quasi impossibile alla fine non tornare su quella cartina, facendo scorrere il dito su quella linea che unisce un luogo all’altro, sentendosi felici per Enaiatollah, che ce l’ha fatta, ma ancora spauriti dai coccodrilli.