Leggiamo che sarebbe nato con la tecnica del Binomio Fantastico e in una notte sola: La zampa dell’ombrello, illustrato senza indicazione di età consigliate, scaturisce dalla penna di Alice Umana, che regala una nuova natura ad un oggetto particolarmente “duttile” dal punto di vista fantastico.
Appeso per il manico, infatti, l’ombrello è chiaramente un pipistrello monozampa, e la rima tra i due nomi ne è l’inequivocabile conferma. Oltretutto è un animale esotico e antichissimo: viveva in branchi felici e canterini – ve lo immaginate un ombrello che canta? – in una terra tranquilla e lontana, dove pioveva solo sei mesi all’anno (gli altri sei, meritate ferie). L’incontro con gli umani, ingordi e imbroglioni, ne rovinò l’idillio scatenando una guerra furibonda in cui gli uomini ebbero la meglio: per tutta risposta gli ombrelli smisero di cantare le loro meravigliose armonie, la gente si limitò ad utilizzarli per quando piove e nulla fa più supporre che quell’oggetto che dimentichiamo regolarmente al bar sia invece un animale da compagnia decisamente non convenzionale.
La storia, che oltre a divertire il lettore si diverte essa stessa a raccontarsi, è accompagnata dai disegni di Agostino Iacurci, che affianca l’attività di illustratore a quella di street artist: il tratto è marcato, caricaturale, sempre “mosso” tra strisce, onde e tratteggi. Un po’ murales, un po’ fumetti, le pagine fanno pensare al cartone animato di Yellow Submarine: e così anche gli umani della Città di Ib sembrano dei Biechi Blu in chiave modernista, decisamente inquietanti – e forse anche la storia in parte suggerisce il paragone con i Beatles, in particolare con quel modo di intendere la favola come fuori dal tempo per ambientazione, ma dentro ai comportamenti e agli oggetti della quotidianità.
Risulta essere anche grazie al fatto che immagini e storia viaggiano su un binario comune e particolarmente riuscito che La zampa dell’ombrello emoziona e colpisce: il volume è stato finalista del Premio Nazionale “Un Libro per l’Ambiente” non a caso.