Sono tre gli stadi periodici di durata variabile, che costituiscono il ciclo vitale delle colture arboree da frutto; la durata di ogni stadio varia a seconda delle condizioni endogene e ambientali e costituisce per il frutticoltore un diverso valore economico in rapporto delle diverse cure che la pianta necessita per poter fruttificare al meglio.
Ci sono fattori genetici che determinano il passaggio da uno stadio al successivo, oltre a tecniche culturali e all’influenza del clima; questa velocità di passaggio risulta dunque variabile a seconda della specie e dell’ambiente in cui vive la pianta.
Lo stadio giovanile dura fino alla entrata in produzione, in questo periodo troviamo un importante sviluppo vegetativo, ma non troviamo ancora i frutti: ci sono piante, come il pero e il melo che vivono oltre dieci anni in questo stadio.
Se la pianta è innesta, inoltre, produce più velocemente i frutti; in questo caso il primo periodo dura solo tre anni.
Segue il periodo di maturità, che prende avvio quando la porzione ipigena ha raggiunto uno sviluppo idoneo: l’attività vegetativa è rallentata e le foglie comincia a sintetizzare specifici fitoregolatori endogeni, cioè ormoni, in grado di indurre la differenziazione a fiore delle gemme neutre.
L’ultimo periodo di vita dell’albero, detto periodo di insenilimento, prende l’avvio con l’invecchiamento dell’apparato radicale e conseguente riduzione dell’entità assorbente. Provoca un generale indebolimento dell’attività vegetativa e un rallentamento di tutte le funzioni vitali.
Ora troviamo una scarsa formazione di nuovi germogli, e tende ad esaurirsi il rinnovo dei rami a frutto; la produzione di frutti diminuisce e diventa saltuaria: ora la produzione è antieconomica e qualitativamente scadente.
Quello che risulta alterato è dunque il rapporto tra massa fogliare e nuovi organi, e si determina un eccesso di sostanze idrocarbonate: la massa fogliare è notevole rispetto alla modesta quantità di nuovi organi che vengono a formarsi con lentezza.